Un’accurata analisi della domanda
A volte i pazienti non vengono in seduta per cambiare, ma solo per confidarsi con qualcuno su argomenti che non vogliono o non possono affrontare all’esterno, per solitudine o per avere qualcuno con cui sfogarsi. Questo aspetto oltre a dover essere chiaro allo psicoterapeuta è importante che venga esplicitato e il paziente se ne renda conto e se ne prenda la responsabilità.
Capire su cosa si vuole attuare il cambiamento e fissare obiettivi concreti e definibili.
Chi intraprende un percorso, il più delle volte, intende eliminare dei sintomi (ansia, depressione, insonnia, disturbi dell’alimentazione, ecc.) ritenendo che la semplice evacuazione di vissuti possa essere una catarsi sufficiente alla rimozione delle problematiche. In realtà il cambiamento richiede un po’ più di impegno.
Alcuni dei compiti che devono svolgere insieme terapeuta e paziente sono i seguenti:
- rievocare questioni dolorose: non è sufficiente parlare dei sintomi o di questioni che hanno un ruolo marginale nell’economia esistenziale del paziente. È necessario trattare le questioni che hanno un ruolo centrale.
- prendere contatto con le emozioni: non è sufficiente parlare dei vissuti e fare una rassegna delle problematiche. A volte i pazienti parlano velocemente di aspetti anche molto dolorosi con distacco emotivo. Anche queste sono forme di resistenza in quanto con queste modalità di espressione si blocca l’accesso delle emozioni alla coscienza, ma il vero potere del cambiamento sta nella forza delle emozioni: la chimica del cervello, le tracce mnestiche e le memorie procedurali che fanno da sostrato biologico ai copioni comportamentali, si modificano solo quando la parte più antica del cervello, quella implicata nelle emozioni, viene attivata. Il pensiero, l’attività della neocorteccia, è solo ciò che orienta e fa capire quali sono i nodi da sciogliere.
- cambiare gli stili di vita: molto spesso i sintomi di ansia o i disturbi dell’umore sono causati da stili di vita molto stressanti, dal frequentare persone negative fonte di forte stress emotivo. In altri casi l’assunzione di sostanze o cattive abitudini alimentari possono aggravare i sintomi psicologici. Tutto ciò implica un cambiamento degli stili di vita per ripristinare il benessere psicologico. Ciò deve essere assunto responsabilmente dal cliente affinché possa collaborare ad un percorso che conduca verso la modifica di stili di vita disfunzionali.
La resistenza sta al cambiamento come l’aria sta agli uccelli: rallenta il loro volo e al tempo stesso lo rende possibile
Sembra un paradosso, ma non lo è: se i nostri cieli fossero privi di atmosfera il volo sarebbe impossibile. Così se i pazienti non ponessero alcuna resistenza al cambiamento sarebbero pura argilla nelle mani del terapeuta da plasmare a proprio piacimento, con grande gratificazione narcisistica di quest’ultimo. Questi cambiamenti tanto sono rapidi tanto sono instabili. La resistenza non è altro che la manifestazione fenomenologica della tendenza degli organismi a mantenere la stabilità. Così un certo livello di resistenza al cambiamento è segno di un senso del Sé coeso e stabile: il paziente conosce se stesso, sa cosa è familiare e tende a mantenerlo. L’assenza della resistenza o anche la sua inconsistenza sarebbe solo il segnale di una personalità poco definita che subisce le suggestioni delle altre persone, ma non cambia in funzione di un processo di consapevolizzazione e di scelta di applicare nuove modalità relazionali. Allo stesso modo l’eccesso di resistenza consente al terapeuta di individuare gli aspetti più problematici ed aiutare il paziente ad indirizzarlo verso di essi.
La resistenza è sempre intersoggettiva
Ogni psicologo e psicoterapeuta deve tener conto anche del proprio controtransfert e di conseguenza delle proprie resistenze ad affrontare tematiche molto dolorose per il paziente o che hanno attinenza al presente e alla storia del terapeuta. Esse si possono manifestare con la collusione da parte di quest’ultimo verso il paziente nel non affrontare completamente certe tematiche oppure anche nel sorvolare su di esse. Altre volte la resistenza può essere agita con comportamenti che interrompono l’espressione emotiva.
La resistenza si nutre di pregiudizi e pensieri irrazionali
“Ce la devo fare da solo”, “Ho paura di diventare dipendente”, “Quanto tempo ancora dovrò venire in terapia?”, “Non ho soldi da buttare”. Tutte frasi che esemplificano i pensieri irrazionali e ingiustificati spesso correlati all’idea di affrontare un percorso di psicoterapia. Evidenziarli e confutarli è parte integrante del lavoro terapeutico.
Bibliografia di approfondimento:
Cambiamento e Resistenza in Terapia – L’aderenza veloce al trattamento Autori: Edoardo Giusti – Florinda Barbuto Casa Editrice: Sovera Data di pubblicazione: 2014. Clicca qui.