Guardare il mondo con gli occhi della memoria

Il linguaggio politico è progettato per rendere
la bugia veritiera,
l’omicidio rispettabile,
e per dare al vento un aspetto solido.

George Orwell

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Immagini degli esperimenti di Josef Mengele su bambini.

Operazione T4 (dal numero 4 di Tiergarten Strasse ovvero l’indirizzo della villa di Berlino, confiscata ad ebrei, dove risiedeva l’ufficio di tale operazione), una pagina della Storia che tutti vorrebbero in fondo al cuore rimuovere, ma che ogni operatore che si occupa di disabilità (psicoterapeuta, psicologo, educatore, assistente…) dovrebbe tenere impressa nella mente e nella carne, quasi come un dolore lancinante, una cicatrice che ancora fa male e che ci ricorda fino a che punto può arrivare la crudeltà dell’essere umano e con quanta perizia di buon senso le atrocità possano trovare giustificazione, come esse possano scivolare nella quotidianità lente e silenziose tra l’indifferenza di tutti. Se l’olocausto degli ebrei, degli omosessuali, degli zingari e degli oppositori politici è stata una follia collettiva assoluta, scientificamente perpetrata, che lascia sbigottiti per l’assurdità e per l’impossibilità umana di trovare spiegazioni a quanto accaduto, ciò che terrorizza rispetto allo sterminio delle persone con disabilità fisica ed intellettiva, è come esso sia stato ammantato di un alone di idealità e di filantropia, di una fine ricerca terminologica edulcorante (“Ausmerzen”, “eutanasia”, “vite indegne di essere vissute”, “eredità biologica inferiore”, ecc.) che è stata in parte capace di far apparire uno dei crimini più abominevoli della storia dell’umanità come un atto di pietà verso la persona disabile che veniva soppressa e verso i familiari. Così scrive Mario Paolini, pedagogista e formatore nonché fratello del più noto attore teatrale Marco che nel 2011 ha messo in scena lo spettacolo teatrale intitolato proprio “Ausmerzen”: << La decisione di uccidere i bambini nati con delle deformazioni venne presa quasi subito dall’organizzazione di T4, e con una motivazione che inquieta: quando fa Ausmerzen il pastore non si diverte a sopprimere l’agnello debole: lo fa perché deve, lo fanno in pochi ma tutti lo sanno…>> (Paolini, Signori, 2012).

Non è il sangue versato, non sono le vite soppresse o il dolore inferto nell’usare le persone disabili come cavie umane ad aver generato l’onda lunga che ancor oggi, a distanza di 75 anni, travolge l’identità psicologica di milioni di persone disabili facendole interrogare sulla legittimità o meno della loro esistenza e dell’aspirare a qualcosa di più di una flebile sopravvivenza, ma è proprio il fatto che il sangue versato, le vite soppresse e il dolore inferto siano stati rappresentati, dall’ideologia nazista, come un atto dovuto che non teme smentita all’esame della lucida razionalità, un gesto compassionevole che, donando la morte, sollevava dalla sofferenza e dalla vergogna di essere (o aver messo al mondo) persone deformi, dementi e non-autosufficienti.    Un’ideologia che non è viaggiata sui discorsi roboanti e retorici di Hitler, ma sulla gelida operatività di medici ed infermieri, sull’impersonale burocrazia del Decreto Ministeriale che imponeva la dichiarazione dei neonati “deformi”. Tolti con l’inganno (e in molti casi

 

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La Danimarca e le confische dei beni ai migranti

La memoria ha senso se ci aiuta a comprendere il presente e ad orientarci verso il futuro che vogliamo. Il fatto che lo sterminio degli ebrei sia avvenuto nel contesto della più grande tragedia di tutta l’umanità, la Seconda Guerra Mondiale, ci insegna che quando vediamo qualcun “ALTRO” scivolare lentamente nel baratro della negazione di tutti i diritti, l’abisso si spalanchi anche per noi è solo questione di tempo.




Workshop “Pensavo fosse amore invece era…?”: il resoconto

XDGSWL’incontro è stato aperto con il racconto da parte degli autori che hanno illustrato come è nata l’idea di scrivere il testo sul fenomeno del Devotismo “Sesso e disabilità: un’attrazione segreta”. Sia per la dott.ssa Angeli che per il dott. De Risio sono state due esperienze dal forte impatto emotivo ad ispirare il progetto. Per la prima l’aver visitato la mostra Erotica Tour, svoltasi a Roma nel 1995, nell’ambito della quale c’erano anche stand dedicati alla pornografia che aveva per oggetto le persone disabili, le menomazioni e gli ausili. Dal canto suo il dott. De Risio ci racconta il suo incontro con i devotee citando un brano delle note degli autori riportate nel loro lavoro:

(…) da venti anni in quei luoghi preclusi ai più, i luoghi della pena che, nella nostra società segnano il confine ultimo tra chi “è nel giusto“ e chi “ha sbagliato”. In questa scatola di pietra ho raccolto gli ingredienti di quel complesso intreccio tra salute mentale, pulsione sessuale e disabilità. La storia di F., una storia apparentemente come tante, una vita ‘trasgressiva’ … una vita al limite, tra eccessi e profondi malesseri, di chi, come un funambolo, cammina sul confine ultimo, la zona d’ombra, tra il bene e il male. Dal contorno fumoso ed evanescente del suo dire, come in una ambientazione di una fumeria d’oppio lontana nel tempo, ecco prendere forma un racconto dai toni forti, tenuti in disparte, di sesso senza amore, di corpi senza movimento, di tendenze predatorie giocate sul piano della contrapposizione, di “registi” senza scrupoli, di fragili “attori”, di audaci “scenografie”, di avidi “mercanti”.

Un fenomeno, quello del devotismo quindi, che si è fatto movimento e business. Le persone devotee possono trovare un sociale di riferimento nelle associazioni che razionalizzano e giustificano questa devianza sessuale attraverso l’assunto che le persone con disabilità non verrebbero “amate” o desiderate da nessuno se non dai devotee. Solo costoro, infatti, avrebbero la capacità di vedere la bellezza che le persone normali non vedono. Negli States esiste l’associazione ASCOT-WORLD che nasce per fornire supporto a persone amputate e disabili, particolarmente veterani di guerra o vittime dell’11 settembre, al cui interno confluiscono molti devotee che, offrendo il loro aiuto pratico, hanno la possibilità di stare a contatto con persone disabili.

Le strategie dei devotee possono essere molto diverse a seconda dei contesti all’interno dei quali cercano persone da adescare: possono essere assolutamente espliciti rispetto alle caratteristiche di menomazione che la persona deve avere per soddisfare i loro desideri (vedi agenzie matrimoniali che ospitano anche persone con handicap) oppure possono assumere atteggiamenti estremamente sedutivi nei forum di persone con disabilità.

Purtroppo esiste una sorta di collusione anche da parte delle persone disabili che cercano nei devotee persone in grado di prestare loro attenzioni, che, ritengono, nessun altro darebbe loro. Attenzioni e supporto pratico per le quali ritengono di dover essere grate.

Partendo dalla convinzione che l’unica peculiarità che rende speciali e degni di attenzione è la disabilità, con tutto ciò che comporta dal punto di vista psicologico e sociale, si sarà portati a pensare che essa sia l’unica carta che può essere “giocata”. Non risulterà per ciò strano che il partner avrà una sorta di fissazione ossessiva e curiosità morbosa per i dettagli riguardanti la malattia, la disabilità, la deformità e la sofferenza.

Come detto i devotee (e purtroppo anche alcune persone disabili) razionalizzano questi atteggiamenti sostenendo che sono le uniche persone a vedere la bellezza “diversa”, in realtà essi hanno i medesimi canoni estetici delle persone normali, solo che provano un’eccitazione sessuale tanto più intensa quanto le caratteristiche fisiche di una persona si allontano dai normali canoni estetici. In altre parole più il corpo è strano e deformato più provano eccitazione.

Non esitano a fare commercio o traffico di immagini rubate dei momenti intimi della vita della persona disabile, particolarmente quelli relativi alla gestione del proprio corpo e delle parti del corpo connesse alla disabilità. L’attenzione morbosa per la menomazione fa loro perdere completamente di vista la persona e la sua sensibilità: non mostrano alcun rispetto per il pudore con cui di solito vengono trattate le parti del corpo più critiche. Le pratiche sessuali sono strettamente connesse ad esse, senza alcun riguardo per il piacere della persona disabile.

Il pericolo di traumi psicologici derivanti dall’inganno seduttivo, dalle umiliazioni a cui possono essere sottoposti a causa dell’enfasi riservata alla disabilità, nonché il rischio di abuso e sfruttamento sessuale impongono con urgenza di tracciare criteri e strumenti per individuare preventivamente le persone che hanno atteggiamenti morbosi verso la disabilità.

Alcune caratteristiche comuni sono individuabili, come detto, nell’enfasi eccessiva e morbosa per i particolari intimi della malattia, atteggiamenti di ammirazione eccessiva rispetto alla condizione di sofferenza, il collezionare immagini o materiale illustrativo inerente ausili e protesi, nonché la partecipazione ad happening relativi alla disabilità con una frequenza non richiesta dalla professione. Difficile, però, individuarli anche perché spesso svolgono lavori attinenti proprio per avere una maggiore facilità di contatto e relazione. Da questo punto di vista bisogna tener presente il rischio relativo all’assistenza sessuale che può risultare un ambito nel quale devotee possono essere legittimati e facilitati al massimo ad accedere alla sfera sessuale.

In chiave preventiva è sicuramente necessario intervenire anche sulle persone con disabilità informando sul fenomeno, ma anche lavorando sul potenziamento dell’autostima e delle capacità relazionali al fine di incrementare il livello di inclusione. Una persona che ha una rete ampia di persone che le vogliono bene e che la stimano, avrà maggiori probabilità di raggiungere il proprio benessere psicosessuale senza dover accettare surrogati che non la soddisfano o peggio la fanno stare male.

È necessario, infine, agevolare la modificazione di schemi relazionali basati su dinamiche di potere e dipendenza, sviluppando la maturità emotiva necessaria ad accettare rapporti alla pari caratterizzati da rispetto, piacere reciproco e… rischio di separazione come capita alle persone che non hanno disabilità.

Riferimenti:

Antidoto per il #bluemonday

open-uri20150422-20810-1e8fhe4_785bc7e0Apprezza tutte le stagioni e i suoi mutamenti;

Organizza il tuo tempo e le tue giornate e non lasciarti condizionare dal volgere del giorno e della sera;

Organizza momenti con i tuoi amici e parenti per stare insieme e divertirti;

Ricordati che il piacere e il divertimento sono importanti: non ti biasimare se hai ecceduto un po’ durante le feste;

Riprendi il lavoro con calma, hai tutto un anno per raggiungere i tuoi obiettivi: pianificalo bene.

 

Assistenza sessuale in pillole e altre opinioni

the sessionsCHIARIMENTI SULL’ASSISTENZA SESSUALE IN PILLOLE… AL DI LÀ DI RETORICA E MISTIFICAZIONI.

1. L’assistente sessuale è una figura professionale che agisce sul corpo di una persona con disabilità allo scopo di indurre piacere sessuale.
2. Non esistono limitazioni agli atti sessuali consentiti: penetrazione compresa.
3. L’assistenza sessuale è proposta per persone con qualsiasi tipo di disabilità.
4. Nei disegni di legge:
a. si motiva l’istituzione della figura dell’assistente sessuale postulando che per i disabili è impossibile viversi la sessualità.
b. Non sono previsti fondi pubblici per il pagamento delle prestazioni.
c. Si delega alle Regioni stabilire le modalità di accreditamento senza stabilire né monte ore né contenuti di eventuali corsi di formazione.
d. Si delega ad associazioni la redazione di un codice etico e non si stabilisce a chi spetta il controllo sul suo rispetto;
5. Allo stato attuale non esiste una legge approvata che istituisca la figura dell’assistente sessuale.
6. Formare assistenti sessuali potrebbe integrare il reato di sfruttamento della prostituzione.
7. Non esistono leggi che negano il diritto alla sessualità delle persone con disabilità. Il diritto al benessere sessuale è sancito dalla Convenzione ONU ratificata anche dallo Stato Italiano.
8. La sessualità per le persone con disabilità non è impossibile: ci sono tanti che hanno rapporti sessuali.
9. L’assistenza sessuale NON è l’unica modalità di soddisfazione sessuale per le persone con disabilità.
10. Parlare di sessualità delle persone con disabilità NON equivale a parlare solo di assistenza sessuale.
11. NON è vero che l’assistenza sessuale contrasta i pregiudizi di indesiderabilità delle persone disabili, al contrario li rinforza.
12. La maggior parte delle pubblicazioni sull’assistenza sessuale sono acritiche e senza contraddittorio.
13. Si fa un abuso di termini quali “amore” e “Lovegiver”, ma le prestazioni sono rese dietro compenso: ciò determina una grande confusione soprattutto in chi ha deficit 

Una testimonianza:

“mi chiedo se si può evitare questo scempio…. sono disabile e non mi va assolutamente che qualcuno “decida” della mia sessualità, trovo che venga lesa la dignità di tutte quelle persone che hanno fatto del proprio handicap un punto di forza e di orgoglio, quel “nonostante tutto” che ci rende persone e non fardelli da sistemare, attraverso norme e leggi, in un serraglio burocratico travestito da sensibilità e buonismo del cazzo, io non ci sto a questo tipo di manipolazione, sin da piccola ho messo in moto il mio cervello affinchè gli altri, i “normali”, mi conoscessero nella mia essenza senza pregiudizi e tabù accettando anche la possibilità che non a tutti sarei potuta piacere nella mia interezza, mi sono fatta strada con le mie sole forze salvaguardando in primo luogo la mia dignità e adesso dovrei accettare che mi si consideri una che deve pagare per fare sesso? si perchè checchè se ne dica il messaggio che passa è che un disabile, in generale, ha bisogno di pagare per avere un pò di amore….” Annamaria Giulia Vernacchia.

Articolo pubblicato in risposta a quello di Fulvio Mazza “Disabilità e sesso, un tabù da affrontare” pubblicato sull’Huffington Post

Ormai parlare di sessualità e disabilità equivale solo a parlare di ASSISTENZA SESSUALE. E la grancassa mediatica è tambureggiante, se ne parla ovunque, ma oserei dire anche a sproposito. In questo articolo della testata HUFFINGTON POST, scritto da uno studente disabile, si sostiene l’opportunità del ricorso ad assistenti sessuali in maniera massiva, categorica, sia per disabili fisici che per disabili intellettivi, i quali entrambi e senza distinzione, avrebbero impulsi sessuali, ma a causa dei loro problemi non sarebbero in grado di gestirli.

Mi sembra di essere tornato a 20 anni fa quando si diceva che i disabili hanno impulsi sessuali, MA NON LI SANNO GESTIRE, e quindi bisogna reprimerli. L’atteggiamento verso i disabili (ahimé verso noi stessi) non è cambiato, è cambiata solo la soluzione: una volta si censurava, rimuoveva, reprimeva, oggi si VORREBBE (perché poi sarà tutta da vedere con questi chiari di luna) fornire una valvola di sfogo, un ambito particolare dove sviluppare la propria identità sessuale.

Ma qualcuno si è chiesto che genere di identità sessuale svilupperà una persona avendo rapporti solo con persone che si prestano per professione? Prendete un adolescente qualsiasi, non disabile, e ditegli: “guarda, te non ci pensare proprio alla compagna di banco, non te la darà mai! Adesso ti porto io da una signorina che ti farà scoprire la tua sessualità a pagamento”. Come crescerà questo ragazzo sotto il profilo psico-sessuale e dell’autostima? Come ciò si riverbererà sul rapporto con i coetanei e sul suo livello di inclusione sociale?

n-sesso-disabili-large570Nel trattare questi argomenti bisognerebbe anche essere un po’ meno ipocriti cominciando anche con il selezionare immagini più attinenti: in un articolo sulla disabilità e la sessualità si mette l’immagine di un uomo ed una donna perfetti fisicamente, quando si sa che i corpi delle persone disabili hanno dei difetti fisici. E qui si tradisce la concezione di chi pensa che gli atti sessuali tra persone che non rientrano nella norma dovrebbe essere nascosta, non mostrata e neanche immaginata.

L’ASSISTENZA SESSUALE è diventata una categoria mentale che ci tranquillizza, ci calma la coscienza e ci dà l’opportunità di non pensare a queste domande:

1. che succede se un uomo/donna disabile si innamora di me (non disabile)? che cosa proverei di fronte al suo corpo nudo?

2. e viceversa, che succede se io uomo/donna disabile mi innamoro di un uomo/una donna non disabile? che cosa proverà di fronte al suo corpo nudo?

3. Che succede se, come nel film “Indovina chi viene a cena?”, mio/a figlio/a porta a casa un ragazzo/a disabile?

4. che succede se mia figlia disabile rimane in cinta?

5. che succede se due persone disabili vogliono stare insieme? e se vogliono avere dei figli?

6. che succede se mio figlio/figlia disabile non trova nessuno?

7. sono davvero certo che la persona disabile che ho davanti non ha chance di far innamorare di sé qualcuno?

8. è l’amara realtà o un mio pregiudizio?

9. quante cose si possono fare sotto il profilo sociale, architettonico, culturale e psicologico per rendere sempre più persone disabili vicino alla possibilità di avere relazioni sentimentali e sessuali?

10. quanto tutti questi pregiudizi e tabù verrebbero rinforzati dall’assistenza sessuale?

Con il vostro permesso io vorrei continuare a pormi queste domande almeno fino a che la grancassa mediatica sull’ASSISTENZA SESSUALE non avrà spazzato via ogni possibilità di dibattito.

Articoli correlati:

http://www.superando.it/2017/04/07/si-puo-davvero-parlare-di-sessualita-negata/ 

http://www.superando.it/2015/05/22/assistenti-sessuali-arretramenti-culturali-e-stigma-sociale/

http://www.in-psicoterapia.com/?p=7418