Gp Singapore. Analisi psicologica di un disastro (sportivo) annunciato.

FB_IMG_1506028609841Sul web, immediatamente dopo la qualifica che vedeva in pole position Vettel e subito a fianco in seconda posizione Verstappen, si ironizzava sul pericolo rappresentato da quest’ultimo che in diverse precedenti occasioni aveva avuto collisioni con i due ferraristi e con il compagno di squadra. Era nell’aria che qualcosa di sinistro sarebbe potuto accadere, poi quando ha iniziato a piovere sul circuito di Marina Bay i timori si trasformati in cupi presentimenti, ma come spesso accade la fantasia supera la più fervida immaginazione.

Il talento non basta se non si riescono a controllare le emozioni sotto pressione. E Sebastian Vettel di pressione ne aveva tanta addosso. Dopo il podio rimediato davanti al pubblico di casa con un distacco abissale dalle frecce d’argento e le pesanti critiche di Marchionne, sulla pista guidata di Singapore, favorevole alle caratteristiche tecniche della Ferrari, era ammesso un solo risultato: la vittoria.

Che Vettel fosse carico a mille lo si era capito dalle qualifiche nelle quali aveva sì centrato la pole position, ma urtando il muro piuttosto violentemente rischiando di danneggiare seriamente la sua monoposto. Sarà lui stesso nelle interviste a fine qualifica a dire di essere pieno di adrenalina e che doveva darsi una calmata.

Il giorno della gara sulla griglia di partenza, la tensione emotiva si deve essere trasformata in ansia per le mutate condizioni e l’ansia è diventata panico quando la sua F70 ha pattinato sull’asfalto viscido prima di prendere velocità subendo l’attacco da parte di Verstappen.

Non si potrebbe spiegare altrimenti la manovra “suicida” di tagliare la pista da destra a sinistra nel maldestro tentativo di frenare lo slancio dell’avversario. Vettel si è comportato come se alla fine del rettilineo ci fosse il traguardo e se perdere la prima posizione in partenza significasse perdere tutto. Si è avvicinato pericolosamente a due piloti che avevano la smania di riscattare una stagione avara di risultati, anche loro tutto in una partenza, tutto in un’unica staccata.

Nonostante i 4 titoli mondiali vinti con la RedBull, i risultati mancati in Ferrari lo stanno rendendo molto nervoso e lamentoso nei confronti degli avversari. Dopo tanti episodi di suoi team radio dello scorso anno in cui si è preoccupato più di protestare che di guidare, tutto il suo nervosismo si è eclatantemente mostrato a Baku, quando aveva tamponato prima e successivamente colpito intenzionalmente su una gomma Hamilton per protestare contro la condotta a suo dire poco sportiva di quest’ultimo.

downloadLa smania di emulare il suo idolo Michael Schumacher, di riportarlo simbolicamente in pista dopo il terribile incidente che lo ha gravemente menomato. Le difficoltà di competere contro avversari apparentemente inarrivabili dal punto di vista tecnico. Una squadra che non sempre lo supporta a partire dal suo compagno Raikkonen che mal digerisce il ruolo di seconda guida che poco si addice ad un campione del mondo qual è Kimi a sua volta. Sono queste le ragioni che annebbiano la lucidità di un pilota esperto come Vettel. Sottovalutare l’aspetto psicologico può costare caro a lui e a tutto il team che attende di tornare a vincere il titolo piloti e costruttori ormai da un decennio.

La Formula 1 è fatta sì di velocità e di coraggio nello sfidare le leggi della fisica, ma anche di strategia, calma e pazienza. Lasciarsi impadronire dall’ansia conduce dritto alla concretizzazione delle nostre peggiori paure. Occorre ricordare sempre che tutto ciò che si può perdere in un attimo lo si può recuperare con l’impegno e la determinazione. In alcuni momenti lasciar andare è la cosa migliore da fare.

 

Immigrati. Rovesciare la realtà per costruire l’odio razziale.

immigrati pomodori

Come in un gigantesco meccanismo di difesa primitivo che rende una persona incapace di un minimo esame di realtà, allo stesso modo la propaganda razzista rovescia completamente i fatti proiettando sugli immigrati la causa di tutti i mali del Paese, spostando l’attenzione dalle effettive cause dei problemi, deresponsabilizzando società e istituzioni.

Affrontare i problemi per tutelare e garantire la salute ed il benessere di tutti, necessita di una visione realistica, sfatando ogni ideologia deformante sia in senso razzista che “terzomondista”.

Gli immigrati diffondono malattie?

Cominciamo dall’ultima recente campagna allarmistica di un noto quotidiano nazionale che addita come responsabili di un’imminente pandemia di malaria in Italia gli immigrati. Per farlo cinicamente trae spunto dalla morte della bambina di Trento a causa di un contagio di malaria, si presume da parte di 2 bambini africani ricoverati nello stesso ospedale.
Alcuni sporadici casi di contagio stanno diventando, così, un’emergenza sanitaria nazionale, nel Paese in cui si beve acqua con uno spritz di arsenico e diserbante, in cui i bambini di Taranto respirano a pieni polmoni diossina e nel quale i migliori chef possono preparare le loro pietanze a base di pomodori e verdure ai rifiuti tossici.
Campagne propagandistiche come queste hanno una moltitudine di effetti negativi quali la diffusione della paura e dell’odio verso le persone provenienti da altri Paesi, la giustificazione di politiche di segregazione, lo spostamento dell’attenzione dalle drammatiche problematiche di carattere ambientale che veramente producono centinaia di migliaia di morti ogni anno.
Non solo, ciò che può contribuire ad una recrudescenza di malattie da contagio debellate da anni sono il sovraffollamento nelle carceri (non solo in Italia, ma anche nei Paesi del nord Africa e del Medio Oriente dove i detenuti versano in condizioni disumane) e nei Cie, nonché la carenza di soluzioni alloggiative dotate di servizi idrici ed igienici adeguati.

D’altronde il problema esiste, ma non a causa degli immigrati: viviamo in un mondo sempre più interconnesso in cui i viaggi internazionali per motivi di turismo e lavoro da e per i Paesi tropicali sono all’ordine del giorno, sarebbe assurdo pensare di risolvere il problema pensando di negare asilo a rifugiati, profughi e immigrati. Il problema esiste e miete vittime (830 mila persone all’anno) soprattutto nei Paesi tropicali a causa del sottosviluppo, del sovraffollamento e delle discariche a cielo aperto dove finiscono anche i rifiuti delle nostre metropoli e delle nostre industrie.

L’unico modo per proteggerci dalle malattie è quello di rendere la Terra un ambiente sano fermando l’inquinamento e i disastri idrogeologici. 

Gli immigrati stuprano le donne italiane?

I fatti di Rimini nella loro drammaticità hanno dato la possibilità di dare grande sostanza emozionale al pregiudizio arcaico che gli africani e le persone di religione musulmana in generale abbiano un’innata propensione allo stupro. Le polemiche scatenate per la violenza su 2 donne da parte di 4 nordafricani, ha spazzato via il clamore suscitato dal violento sgombero dell’immobile di via Curtatone a Roma nel quale aveva trovato rifugio, seppur abusivamente, una piccola comunità di immigrati e rifugiati, tra cui anche donne, anziani e bambini. Da quando è stata diffusa la notizia dello stupro, la stampa non si è più occupata delle vicissitudini degli immigrati sgomberati: ad oggi sono celate all’opinione pubblica le loro sorti.

Inevitabile notare che sotto il profilo propagandistico il dramma delle due donne violentate è stata manna dal cielo per chi viveva con imbarazzo le critiche alle forze dell’ordine e alle istituzioni per la cattiva gestione dell’emergenza migranti.

D’altro canto onestà intellettuale ci obbliga a riconoscere che la cronaca ha documentato casi di violenza perpetrati da uomini non italiani tuttavia il punto è che non esiste alcuna giustificazione per affermare che lo stupro sia una prerogativa degli immigrati e che la soluzione sia il respingimento indiscriminato. L’unica cosa che si può affermare con certezza è che lo stupro e la violenza sono prerogative maschili.

Un’indagine ISTAT evidenzia che nel 62% dei casi gli stupri vengono perpetrati da partner o ex e che le donne italiane e quelle straniere subiscono violenza in percentuale equivalente.   Questi dati hanno come corollario 2 considerazioni:

  1. gli uomini italiani o stranieri si equivalgono nella propensione alla violenza sulle donne e quindi non è giustificata né la posizione razzista che addita solo gli stranieri, né quella buonista che sottovaluta la possibilità che un immigrato possa diventare violento;
  2. non è giustificabile alcuna politica di espulsione sommaria che riguarderebbe anche le donne che verrebbero ricacciate nei luoghi di provenienza o peggio ancora nelle carceri libiche, dove violenze stupri e torture sono all’ordine del giorno.

A queste considerazioni ne vanno aggiunte altre che ci fanno comprendere come i dati sulla violenza subita dalle donne immigrate e agita dagli italiani sottostimano il fenomeno:

  1. le donne immigrate molte volte vivono in condizioni di semi-schiavitù che ostacolano l’accesso ai sondaggi e alle denunce ufficiali (vedi inchiesta Espresso sulle schiave rumene nel ragusano o le donne costrette a prostituirsi);
  2. la pratica di fare sesso con prostitute, nella maggior parte dei casi donne straniere, messa in atto prevalentemente da italiani, è un abuso se non una violenza sessuale vera e propria, con l’unica differenza che la coercizione è agita da altri uomini, i protettori, piuttosto che da chi “consuma” l’atto sessuale. Inoltre, molti uomini pretendono di avere rapporti non protetti trasmettendo malattie o fecondando donne che poi saranno costrette ad abortire o peggio ancora a vendere i propri figli. Insomma, un domino di violenze inaudite che ha inizio con il rapimento e gli stupri per annichilire la loro volontà prima di essere gettate sul marciapiede alla mercé di uomini frustrati e patetici, che nell’ambito del rapporto protetto prostituta-cliente, si abbandonano a comportamenti sessuali brutali.

D’altro canto, che in tutto il mondo esistono organizzazioni criminali o terroristiche che lucrano sul corpo delle donne ed usano lo stupro come arma di annichilimento psicologico (vedi stupri etnici in Bosnia, Africa centrale, Sri Lanka e molti altri posti del mondo). Non è possibile escludere che i criminali di guerra sadici che hanno martirizzato le donne in questi Paesi in guerra possano far ingresso in Italia per perpetrare i loro comportamenti criminali. Ma chiudere le frontiere a tutti, donne, uomini e bambini indiscriminatamente, vittime e carnefici, sarebbe un’ulteriore violenza ed un’ingiustizia che rifarebbe ripiombare nell’inferno centinaia di migliaia di persone innocenti.

Bisogna perseguire i colpevoli ed aiutare gli innocenti, non fare politiche di deportazione di massa indiscriminate.

Riferimenti

http://www.unric.org/it/attualita/27989-la-violenza-sessuale-uno-strumento-di-guerra

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/08/26/donne-umiliate.html

http://www.aslrmf.it/joomla/index.php/informazioni-dalla-asl/campagne-di-interesse-pubblico/acque-potabili

“Melito di Porto Salvo, 13enne violentata dal branco guidato dal figlio del boss: “La madre sapeva tutto, ma ha taciuto”

Malaria, Morrone: “Collegarla ai migranti è scientificamente ridicolo”

Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero

La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia

http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2017/08/08/news/libia-172648143/

https://www.internazionale.it/notizie/2017/01/10/accordo-italia-libia-migranti

https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/04/12/decreto-minniti-orlando-legge